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Campagna “Terra Bene Comune”

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La terra è sotto attacco da vari fronti. Le ragioni per cui viene presa sono le più svariate: per coltivare cibo o agrocombustibili su scala industriale, per installarvi impianti estrattivi, produttivi o di smaltimento, per costruire dighe o altre infrastrutture, per sviluppare turisticamente una zona, per espandere città, per occuparla militarmente con scopi geopolitici o semplicemente per possederla a garanzia di altri rischi.

Indipendentemente dagli obiettivi, le comunità a cui è impedito l’accesso alla terra vengono private dei loro mezzi di sostentamento, oltre che della sovranità sui propri territori e quindi del diritto di gestire autonomamente le risorse da cui dipendono. Di conseguenza, le economie locali vengono compromesse, il tessuto socio-culturale e la stessa identità di un territorio sono messe a repentaglio: attraverso la cessione di una risorsa vitale alla speculazione l’interesse privato finisce con l’essere messo al di sopra del bene comune.

In Italia questo processo, già in atto da tempo attraverso la concentrazione della terra in grandi proprietà, attraverso le speculazioni edilizie e la cementificazione selvaggia, la realizzazione di infrastrutture e grandi opere di dubbia utilità, ha subìto una ulteriore accelerazione con l’art.66 del decreto Salva Italia che prevede, tra le altre cose, la vendita dei terreni agricoli demaniali, che prima venivano concessi in uso ai contadini e oggi rischiano di essere svenduti ai privati. Per farlo è stato annunciato il coinvolgimento della Cdp – la Cassa Depositi e Prestiti nella valutazione e nella vendita. La Cdp, per un secolo e mezzo garante a tasso agevolato degli investimenti degli enti locali, dal 2003 è divenuta Spa ed ha ceduto parte del capitale societario a fondazioni bancarie, divenendo e comportandosi a tutti gli effetti come una banca commerciale privata.